“Dalla pasticceria ‘senza’ alla pasta ‘più’: la rivoluzione secondo Montersino”

Chef, pasticciere, docente e volto televisivo, Luca Montersino è tra i protagonisti più eclettici e innovativi del panorama gastronomico italiano. Con un approccio che unisce tecnica, creatività e attenzione alla salute, ha rivoluzionato la cucina – e in particolare la pasticceria – rendendola accessibile a tutti, anche a chi ha intolleranze alimentari. Brand Ambassador di Filicori Zecchini e Club Kavè caffè e autore di numerosi libri di successo, tra cui “Pane, pizza, pasta”, Montersino continua a ispirare professionisti e appassionati con la sua visione inclusiva e contemporanea della cucina.

Lo abbiamo intervistato in vista della sua partecipazione a RHS 2026, focalizzando l’attenzione sul tema della pasta proteica.

Chef Montersino, negli ultimi anni si è parlato sempre più di pasta proteica: secondo lei è solo una moda o rappresenta una reale evoluzione nelle abitudini alimentari?

«Credo che la pasta proteica sia molto più di una moda passeggera: è il riflesso di una maggiore consapevolezza alimentare. Le persone oggi si informano, leggono le etichette, cercano di costruire un’alimentazione che sia più equilibrata e funzionale rispetto al proprio stile di vita. Questo vale non solo per chi fa sport, ma anche per chi vuole semplicemente sentirsi meglio dopo i pasti, tenere sotto controllo l’indice glicemico o gestire la propria dieta in maniera più attiva. In questo senso, la pasta proteica rappresenta un’evoluzione, non una tendenza effimera».

Come cambia l’approccio in cucina quando si lavora con paste ad alto contenuto proteico rispetto alla pasta tradizionale? Ci sono accorgimenti da tenere in mente?

«Assolutamente sì. Una pasta ad alto contenuto proteico ha comportamenti diversi in cottura, in termini di assorbimento dell’acqua, rilascio di amido e tenuta. Spesso è più sensibile al tempo e alla temperatura, quindi bisogna imparare a “leggerla” come si farebbe con un lievitato o un impasto senza glutine. Richiede una cottura più controllata e anche l’abbinamento con il condimento cambia: va esaltata nella sua funzione, non coperta. In laboratorio abbiamo testato varie paste proteiche e ogni volta il mio approccio è stato tecnico, come per qualsiasi nuovo ingrediente: studio, analisi e applicazione concreta».

Dal suo laboratorio di Alba in poi, ha sempre portato avanti l’idea di una cucina inclusiva e attenta alle esigenze di tutti. La pasta proteica può essere parte di questa filosofia?

«Senza dubbio. La mia filosofia è sempre stata quella della “pasticceria (e cucina) per tutti”: senza glutine, senza zucchero, senza lattosio… e anche “con” qualcosa in più, come nel caso delle proteine. L’obiettivo è ampliare le possibilità per ogni tipo di esigenza. La pasta proteica permette di integrare la dieta di chi ha fabbisogni particolari, come le persone anziane, i vegetariani, chi segue una dieta chetogenica, ecc. Inserirla nella mia visione è naturale, perché non è esclusiva: è un’aggiunta intelligente».

La richiesta di prodotti “healthy” è in forte crescita, anche fuori dal contesto sportivo. Al ristorante si usa o è richiesta la pasta proteica?

«Sì, sta iniziando a entrare anche nella ristorazione, soprattutto nei contesti più attenti al benessere e al food cost consapevole. Il cliente oggi non si limita più a scegliere in base al gusto, ma chiede “come mi sentirò dopo aver mangiato questo?”. Nei menu degustazione o nei piatti à la carte può essere interessante proporre una pasta proteica con una materia prima vegetale di qualità, o magari costruire un piatto unico bilanciato. Ovviamente serve coerenza e formazione, altrimenti si rischia l’effetto “etichetta modaiola” senza sostanza».

Come docente, quanto è importante oggi formare i nuovi professionisti anche su queste tendenze nutrizionali e sui nuovi ingredienti?

«È fondamentale. I nuovi professionisti non devono essere solo tecnicamente capaci, ma anche culturalmente preparati. Non si può pensare di lavorare nel mondo del food oggi senza conoscere le basi della nutrizione, della biochimica alimentare e delle esigenze moderne dei clienti. Quando insegno nei miei corsi, insisto sempre sul fatto che ogni ingrediente che usiamo ha un impatto, e che ogni scelta deve essere consapevole. La cucina professionale deve tornare ad essere anche un atto educativo, oltre che creativo».

Sta già lavorando su nuove idee o ricette legate all’universo delle proteine vegetali o della cucina funzionale? Può anticiparci qualcosa?

«Sì, ci sto lavorando da mesi. Alcune preparazioni usciranno nei prossimi corsi dell’accademia online e sto anche studiando delle nuove paste fresche ad alto valore proteico, ma senza glutine e senza uova, per un pubblico ancora più ampio. Inoltre sto sviluppando biscotti funzionali per colazioni a basso carico glicemico, sempre mantenendo gusto e struttura da alta pasticceria. Il mio obiettivo è trovare soluzioni che non siano solo sane, ma anche emozionanti da mangiare».

Cosa sta preparando per RHS 2026?

«Posso solo dire che sarà qualcosa di innovativo, come sempre cerco di fare. Il tema sarà l’integrazione tra benessere, estetica e tecnica. Sto progettando un nuovo dolce in cui ogni elemento – dalla base alla decorazione – avrà una funzione: proteica, digestiva, energetica, senza mai rinunciare alla bellezza estetica e alla golosità. Sarà un percorso multisensoriale, e ovviamente… 100% artigianale. Ma per i dettagli, ci vediamo in fiera!».



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